Dal mio quarto piano sull’infinito, nella plausibile
intimità della sera che sopraggiunge, a una finestra che dà sull'inizio delle
stelle, i miei sogni si muovono con l’accordo di un ritmo, con una distanza
rivolta verso viaggi a paesi ignoti, o ipotetici, o semplicemente impossibili.
(F. Pessoa)
Nella mia stanza ho un mucchio di libri: alcuni temporanei,
che valgono per un mese, un anno; altri immortali. Le poesie di Fernando Pessoa sono, senz'altro, tra questi ultimi. Nessuno ha descritto la malinconia, l’insofferenza
umana meglio di lui.
Certe volte avverto l’urgenza di pescare tra le sue frasi,
tra le parole scelte sapientemente. Avvertiva il
caos apparente dell’anima, sovrastato dal silenzio, dall'equilibrio a cui tendeva l’orecchio. Lo sforzo,
però, lo distruggeva, lo sfiniva, e nel mentre, si consolava scrivendo.
Non sono mai stata a Lisbona ma la sogno la notte. Sento il profumo dell'oceano che doveva arrivargli acre al naso.
Già, il mare, il suo mare, custode di storie e segreti infiniti.
Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e solo c'è il mare.
(Da Le isole fortunate)
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