domenica 18 dicembre 2011

A tu per tu con Simone (La potenza della metaletteratura)


Parigi 1980

XIV Arrondissement, rue Victor Schoelchet. Simone de Beauvoir mi ha detto di aspettarla qui, nel salotto di casa sua. Eccola, arriva. Minuta, occhi mavì, e un’aria elegante, nonostante l’età. Si avvicina e mi porge una tazza di tè. Sorride e mi dice che preferirebbe un cognac, come ai vecchi tempi. Sono  l’unica  in tutta la redazione  ad aver letto i suoi libri. Il mese scorso è morto Jean Paul Sartre e questa donna, davanti a me, appare composta nella gravità del suo dolore. Si vocifera che stia lavorando ad un nuovo libro “La cerimonia degli addii”, dove descrive gli ultimi mesi dell’amico-amante, con lo sguardo attento di sempre, quello con cui ha ripercorso la sua esistenza.
-Madame, come le ho detto non vorrei  disturbarla. Mi piacerebbe ascoltarla, chiacchierare con lei, quasi non fosse per lavoro.
Sorride, non sembra contrariata. -Excusez-moi madamoiselle,  ma io non  parlo molto bene l’italiano.
-Non si preoccupi madame. Dunque, vorrebbe raccontarmi come è nata l’amicizia con Sartre?
-Oh, Sartre. Sa, ancora non riesco a credere che sia morto. Lo sa che mi chiamava castoro? Quando ho conosciuto Jean Paul studiavamo alla Sorbona e un amico comune ci ha presentati. Lo trovai subito un ragazzo insolito, intelligente. Riusciva a ribaltare e a vanificare ogni mio ragionamento sull’esistenza. Era un vero filosofo. Per la prima volta mi sentivo dominata da qualcuno. Sartre era l’unico che riusciva a confondermi.
-Mi perdoni se mi intrometto, ma non mi sembra sia stato l’unico uomo che abbia influenzato la sua vita, madame…
Sorride di nuovo. Abbassa gli occhi un attimo, poi mi guarda e mi racconta del giorno che ha incontrato per la prima volta Nelson Algren. Lui dissoluto, lei più solare, ma pur sempre esistenzialista, incapace di lasciare Parigi e Sartre. Confessa di averli amati entrambi, Jean Paul e Nelson, come due facce della stessa medaglia, anche se non si confondevano mai. -Ho sbagliato tutto con Nelson- mi confessa, mentre racconta di  pomeriggi al cinema, di serate nei caffè letterari e di viaggi per tutta l’Europa.
Sartre è stato il suo mentore, la sua passione elettiva, l’uomo da cui non è riuscita mai a separarsi. Nelson, invece, l’amore concitato, la passione irrefrenabile, quella che non ha mai animato Sartre, sempre controllato e distante. 
Madame de Beauvoir viaggiava di continuo tra l’America e la Francia. Il suo cuore era diviso in due: in mezzo  l’oceano. Finché Algren le ha chiesto di scegliere, di farla finita con Sartre, e di lasciare Parigi, ma lei non ha voluto, non ha potuto.
Si alza, sorseggia il suo tè e riprende. Dopo il rifiuto, Algren decise di troncare, e Madame de Beauvoir non ne ha avuto mai più notizie.
Con gli anni, ha iniziato a pubblicare romanzi, saggi, e ad interessarsi alla condizione delle donne nel mondo. Si è laureata in filosofia quando nessuno comprendeva la necessità per una donna di istruirsi. Suo padre aveva riposto in lei grandi speranze. Sperava in un matrimonio facoltoso, ma lei non si è mai sposata. Ha trascorso tutta l’adolescenza sui libri, alla ricerca di amicizie che potessero arricchirla. Rammenta lo scetticismo verso le coetanee, il carattere ribelle, la sete di cultura, la curiosità che l’ha spinta a viaggiare. Era di tutti e di nessuno. Poi gli anni Settanta, i movimenti femministi e la volontà di affermare le idee di cui il mondo prendeva, finalmente, coscienza. –Oggi, per fortuna, non fa più scalpore se una donna, convive, senza sposarsi, col proprio uomo-conclude soddisfatta, come se questo traguardo fosse stato un po’anche il suo.
Le chiedo cosa l’abbia spinta a raccontare la sua vita. Mi risponde che ha sempre nutrito questo desiderio. Fin da ragazza sapeva che un giorno avrebbe avvertito questa necessità, per riabbracciare gli anni andati, per riascoltare la voce della bambina e dell’adolescente che era stata. La verità è che ha amato la vita intensamente, l’ha vissuta proprio come avrebbe voluto, e lo confessa solo ora anche a se stessa. La scrittura è stata l’affrancazione dal suo io più profondo.
Per un attimo, appare malinconica, persa, come una bambina tra la folla. Ma si riprende, e mi confessa che non ama vedere i giornalisti, e che soffre delle biografie che escono su Sartre. -Un po’ è anche gelosia, lo ammetto. Solo io posso parlare della nostra storia, delle sfumature della nostra vita insieme.
La saluto, ho l’aereo tra due ore. Una volta a Napoli, correrò a sistemare gli appunti per la più preziosa pagina culturale che sia stata mai pubblicata.

Napoli 14 Aprile 1986
Un laconico comunicato della France Press  annunciata la morte di Simone de Beauvoir. Si è spenta quasi di nascosto, all’ospedale di Cochin. Se ne va l’emblema dell’intelligenza francese capricciosa, arrogante, ma pur sempre piena di invenzioni.

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