Parigi 1980
XIV Arrondissement, rue Victor Schoelchet. Simone
de Beauvoir mi ha detto di aspettarla qui, nel salotto di casa sua. Eccola, arriva. Minuta, occhi mavì, e un’aria elegante, nonostante l’età. Si avvicina e
mi porge una tazza di tè. Sorride e mi dice che preferirebbe un cognac, come ai
vecchi tempi. Sono l’unica in tutta la redazione ad aver letto i suoi libri. Il mese scorso è
morto Jean Paul Sartre e questa donna, davanti a me, appare composta nella
gravità del suo dolore. Si vocifera che stia lavorando ad un nuovo libro “La
cerimonia degli addii”, dove descrive gli ultimi mesi dell’amico-amante, con lo
sguardo attento di sempre, quello con cui ha ripercorso la sua esistenza.
-Madame, come le ho detto non vorrei disturbarla. Mi piacerebbe ascoltarla,
chiacchierare con lei, quasi non fosse per lavoro.
Sorride, non sembra contrariata. -Excusez-moi
madamoiselle, ma io non parlo molto bene l’italiano.
-Non si preoccupi madame. Dunque,
vorrebbe raccontarmi come è nata l’amicizia con Sartre?
-Oh, Sartre. Sa, ancora non riesco a credere
che sia morto. Lo sa che mi chiamava castoro? Quando ho conosciuto Jean Paul
studiavamo alla Sorbona e un amico comune ci ha presentati. Lo trovai subito un
ragazzo insolito, intelligente. Riusciva a ribaltare e a vanificare ogni mio
ragionamento sull’esistenza. Era un vero filosofo. Per la prima volta mi
sentivo dominata da qualcuno. Sartre era l’unico che riusciva a confondermi.
-Mi perdoni se mi intrometto, ma non mi
sembra sia stato l’unico uomo che abbia influenzato la sua vita, madame…
Sorride di nuovo. Abbassa gli occhi un
attimo, poi mi guarda e mi racconta del giorno che ha incontrato per la prima
volta Nelson Algren. Lui dissoluto, lei più solare, ma pur sempre
esistenzialista, incapace di lasciare Parigi e Sartre. Confessa di averli amati
entrambi, Jean Paul e Nelson, come due facce della stessa medaglia, anche se
non si confondevano mai. -Ho sbagliato tutto con Nelson- mi confessa, mentre
racconta di pomeriggi al cinema, di
serate nei caffè letterari e di viaggi per tutta l’Europa.
Sartre è stato il suo mentore, la sua
passione elettiva, l’uomo da cui non è riuscita mai a separarsi. Nelson,
invece, l’amore concitato, la passione irrefrenabile, quella che non ha mai
animato Sartre, sempre controllato e distante.
Madame de Beauvoir viaggiava di
continuo tra l’America e la Francia. Il suo cuore era diviso in due: in mezzo l’oceano. Finché Algren le ha chiesto di
scegliere, di farla finita con Sartre, e di lasciare Parigi, ma lei non ha
voluto, non ha potuto.
Si alza, sorseggia il suo tè e riprende.
Dopo il rifiuto, Algren decise di troncare, e Madame de Beauvoir non ne ha
avuto mai più notizie.
Con gli anni, ha iniziato a pubblicare
romanzi, saggi, e ad interessarsi alla condizione delle donne nel mondo. Si è
laureata in filosofia quando nessuno comprendeva la necessità per una donna di
istruirsi. Suo padre aveva riposto in lei grandi speranze. Sperava in un
matrimonio facoltoso, ma lei non si è mai sposata. Ha trascorso tutta l’adolescenza
sui libri, alla ricerca di amicizie che potessero arricchirla. Rammenta lo
scetticismo verso le coetanee, il carattere ribelle, la sete di cultura, la
curiosità che l’ha spinta a viaggiare. Era di tutti e di nessuno. Poi gli anni
Settanta, i movimenti femministi e la volontà di affermare le idee di cui il
mondo prendeva, finalmente, coscienza. –Oggi, per fortuna, non fa più scalpore
se una donna, convive, senza sposarsi, col proprio uomo-conclude soddisfatta,
come se questo traguardo fosse stato un po’anche il suo.
Le chiedo cosa l’abbia spinta a raccontare la
sua vita. Mi risponde che ha sempre nutrito questo desiderio. Fin da ragazza
sapeva che un giorno avrebbe avvertito questa necessità, per riabbracciare gli
anni andati, per riascoltare la voce della bambina e dell’adolescente che era
stata. La verità è che ha amato la vita intensamente, l’ha vissuta proprio come
avrebbe voluto, e lo confessa solo ora anche a se stessa. La scrittura è stata
l’affrancazione dal suo io più profondo.
Per un attimo,
appare malinconica, persa, come una bambina tra la folla. Ma si riprende, e mi
confessa che non ama vedere i giornalisti, e che soffre delle biografie che
escono su Sartre. -Un po’ è anche gelosia, lo ammetto. Solo io posso parlare
della nostra storia, delle sfumature della nostra vita insieme.
La saluto, ho l’aereo tra due ore. Una volta a
Napoli, correrò a sistemare gli appunti per la più preziosa pagina culturale
che sia stata mai pubblicata.
Napoli 14
Aprile 1986
Un laconico comunicato
della France Press annunciata la morte
di Simone de Beauvoir. Si è spenta quasi di nascosto, all’ospedale di Cochin.
Se ne va l’emblema dell’intelligenza francese capricciosa, arrogante, ma pur
sempre piena di invenzioni.
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