martedì 23 agosto 2011

Recensione di Maria Spagnuolo alla mia silloge

http://www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=1174

Un intimo diario in versi,
lirico viaggio labirintico
di ricerca del proprio sé,
dell’anima, della società
di Maria Spagnuolo
Da Opposto.net editore una raccolta di poesie che accompagna il lettore
attraverso gli avviluppati sentieri di una giovanissima, inquieta esistenza



All’interno della collana di poesia “Gli Indaco”, c’è la raccolta in versi di una giovanissima autrice, Marina Bisogno, scrittrice e giornalista.
In componimenti di varia lunghezza che prendono forma in strutture prevalentemente paratattiche si snodano, sciogliendosi in un guizzo istantaneo, note sentimentali attinte sovente da dimensioni temporali trascorse che diventano fonte e frutto di un’ispirazione che le sublima e le perpetua. Le immagini rievocate da un passato sereno e imperturbabile, quello dell’infanzia, si susseguono incalzanti in una danza intima e trasognata per prendere forma, ritmo dopo ritmo, in uno stato di immanenza estrema al punto che passato e presente s’identificano sino ad annullare ogni limite temporale: «Un’emozione improvvisa mi riscalda il cuore / immagini radiose di un passato presente / e universale, / mio custode. […] / E sorrido di poetica malinconia».
Di passaggio (Opposto.net editore, pp. 90, € 8,00) è un diario intimo in versi in cui l’alter ego della narratrice si identifica nel lettore, si affacciano nel libro emozioni, sensazioni, tormenti in un tempo spesso labile, la cui fugacità e instabilità confonde l’io poetante in un gioco in cui il reale si alterna, e talora si fonde, con l’immaginifico, generando visioni che scorrono rapide nella sua mente – una «mente / autrice incontrollabile di simili artifizi».
Al fluire del tempo e delle immagini s’accompagna una versificazione sciolta in cui i ritmi si succedono rapidi e le parole si susseguono quasi sovrapponendosi l’una sull’altra per perdere poi, generando un senso di sconforto, la loro capacità espressiva di fronte ad uno scorcio di vita che esse non possono ritrarre ed eternare: «[…] Acquista valore / ogni istante / scrutando / questo spaccato intangibile / di realtà / che nemmeno le parole / riusciranno ad immortalare».
Le parole, del resto, appaiono per la nostra autrice l’unico baluardo sicuro in una realtà in fieri che, movimento dopo movimento, si dispiega sorda per il dilagante individualismo, cieca per la fredda indifferenza, serva dei pregiudizi e obbediente alla frenesia del vivere quotidiano. In questa «realtà metallica» (in Vile apparenza) la nostra poetessa si spoglia di ogni autoinganno, nega compromessi di sorta, denuncia l’ipocrisia che mortifica l’umano e il sacro (in La passione di Cristo), rivendicando con toni veementi un senso di libertà e anela, ansiosa, ad «abbracciare / l’infinità / dell’esistenza».

Il poeta e l’inarrestabile fluire delle cose
In questa poesia intimistica e sentimentale si affaccia timidamente una riflessione, di cui possiamo coraggiosamente cogliere un’ascendenza schopenhaueriana: la realtà in sé, in virtù della sua forza fluttuante, si palesa ingannevole e illusoria e l’individuo si trova di fronte a un mondo di parvenze che occultano l’intima essenza di quest’ultimo. Solo al poeta è concesso di squarciare il “velo ingannatore” e penetrare nell’essenza misteriosa delle cose: «[…] La ricerca della verità sembra un’utopia, meta / irraggiungibile / e dolorosa. / L’animo del poeta non accetta l’apparenza ma / l’attraversa, dissipandola. / La materia inquina la fantasia, ottundendola. / Lo spirito del sognatore sanguina sotto gli occhi della / gente-spettatrice / che lo guarda sorridere, sommesso». Il poeta-sognatore è investito del compito di andare al di là della realtà e immergersi in un canto capace di strappargli un sorriso, il sorriso di chi ha la consapevolezza di non essere soltanto uno spettatore passivo di fronte all’inarrestabile fluire delle cose. Così egli si troverà contro corrente in una piena – l’esistenza stessa – che non risponde a precipue e quindi indefettibili leggi: «Professo il potere / della poesia / e della fantasia / non convenzionale / rivelazione dell’anomia / dell’esistenza / – coraggio / di andare contro corrente – ». È in questa professione di fede al credo poetico che risiede la forza incontenibile di una poesia priva di artifici di sorta e sgorgante da un’ispirazione che non ha pretese di magniloquenza, ma piuttosto risponde all’esigenza di dar voce alle proprie emozioni e parlare in versi di sé, dell’altro e del mondo, perseguendo un ideale nel reale – la poesia come espressione massima dell’essere umano, mai stanco, nel suo viaggio, di ricercare la verità. 

Un’ulissica sfida
La raccolta si configura come una sorta di viaggio che l’autrice compie intra et extra sé. In tutti i componimenti è sottesa una sottile tensione verso la verità e la ricerca di sé attraverso le quali dare un senso al proprio esistere. Un topos letterario, l’ulissismo, che ritorna qui timidamente rivisitato sotto la luce di una soggettiva inquietudine. Nello scavo interiore emergono stati d’animo altalenanti tra la dolorosa visione di un’esistenza magmatica e l’angosciosa constatazione dell’incapacità di comunicare a parole ciò che è: «[…] Le parole restano / strozzate / nella gola, / troncati / i miei discorsi / refluiscono / nello stomaco. / Fiume / che / non muore / nel mare». E noi lettori, come osserva acutamente la scrittrice Virginia Foderaro nella sua Prefazione, «di passaggio assistiamo ad uno spettacolo intimo», uno spettacolo – appunto – in cui l’autrice, mettendo a nudo le sue ansie e le sue debolezze, dà voce ai suoi sogni e alle sue aspirazioni, spesso lasciando trasparire uno stato d’animo sofferente. Sì, perché come scrive l’editore e scrittore Beppe Costa nella lettera dedicata alla nostra autrice «[…] chi scrive, commette di continuo un atto rivoluzionario, guardandosi attorno con nessun’altra arma che quel nero sul bianco, che tanto affascina sulla carta, ma tanto addolora chi lo compie quando lo vive».
Eppure, in questo flusso labirintico che governa l’anima e il mondo, irrazionalmente, Marina Bisogno non smette di ricercare e ricercarsi, ingaggiando un’ulissica sfida alla conquista di un: «Coraggio dell’ignoto / per progredire / ed assaporare / così / un gusto nuovo». Strumento ancora una volta la poesia.

Maria Spagnuolo

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 48, agosto 2011)

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