domenica 19 agosto 2012

Tina



Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il nome tuo
noi che da ogni luogo delle acque e della terra
col tuo nome altri nomi taciamo e pronunciamo.
Perché il fuoco non muore.

(Pablo Neruda)

Quando Tina Modotti è morta in circostanze misteriose (forse avvelenata dagli stalinisti), Pablo Neruda le ha dedicato una poesia. Il fuoco è l’immagine pertinente, più vera per questa donna barricadiera, sospinta in giro per il mondo da un credo che si è poi rivelato un inganno. Un ideale sgretolato, con cui sono venuti giù le belle speranze, la passione politica ed artistica, persino il sorriso.  Pino Cacucci, scrittore e traduttore italiano, vissuto per anni in Messico, ha dedicato un saggio alla Modotti, intitolato semplicemente “Tina”. Il testo è completo di lacerti di lettere, poesie, scatti dell’epoca. I documenti ufficiali ricalcano la biografia particolare di una donna coraggiosa, che è stata prima di tutto una brava fotografa, poi una comunista militante. Secondo quanto leggiamo, Tina era una donna bellissima. Rotonda e appassionata, incuriosiva per la tragicità e la malinconia dell’espressione che, all’occorrenza, lasciavano spazio al trasporto. Ha amato ed è stata amata, fino alla disfatta del mondo in cui credeva. Ne esce protagonista e vittima questa Tina, esca viva della follia omicida di Stalin e dei suoi scagnozzi.  L’Urss, infatti, osteggiava qualsiasi organizzazione libera dal basso, in nome di un regime in cui Tina stentava a riconoscersi. Ma opporsi voleva dire morte certa, e quando lei ha osato allontanarsi, è morta senza un perché. Il merito di Cacucci è di restituire alla memoria storica collettiva un’oleografia screziata di rosso e di nero, spesso indecifrabile, ma impregnata di ragioni, di verità tuttora taciute, e che meriterebbero ben altra fama.

Nessun commento:

Posta un commento