Dal muro al cassetto per “il pezzo di carta” il passo è
breve.
“La laurea nel cassetto” il portfolio de “L’Internazionale” ricalca il tema, abbastanza scottante per la verità,
delle lauree sprecate, proponendo una sequenza di fotografie scattate in giro per il mondo: volti di
ragazzi e ragazze che oggi fanno tutt'altro rispetto a ciò per cui hanno
studiato. E tra “i fermati” spuntano anche diversi italiani.
L’argomento, tanto in voga in questi giorni, crea non poco disagio, specie tra genitori e nonni che già li vedevano giudici, medici o professionisti in
carriera.
Nell’album dei “misfatti”, infatti, sventagliano titoloni, mica pezzi
di carta da poco.
La domanda, allora, è
lecita: che succede?
La prima lettura di questo fenomeno è per umana natura
distruttiva.
Pensiamo che adoperarsi in qualcosa che poco c’entra con gli studi di anni sia degradante e che sia colpa dei giovani, troppo sfaticati o troppo sfigati per diventare manager di grido.Un amico mi disse “Diciamoci la verità se uno non riesce
ad inserirsi nel settore della propria laurea è un fallito” Io sorrisi. Forse
aveva dimenticato che io sono laureata a pieni voti in giurisprudenza e sono
scappata dall’avvocatura.
Ma c’è anche una seconda lettura del fatto, più positiva,
quasi romantica: i ragazzi scelgono di fare un altro lavoro perché così suggerisce loro il
cuore.
In fondo questo precariato bisognerà pur contrastarlo in
qualche modo, o no? Stanchi di sentirsi stressati, dopo anni di concessioni,
taciti assensi, ecco che iniziano a riprendersi cura di loro stessi, proprio
come ha raccontato qualche giorno fa Silvia Lombardo, autrice e regista del
libro e del film omonimo “La ballata dei precari”.
La verità, al di là delle letture possibili e comunque
subitanee, è che una via per campare bisognerà pur trovarla.Tuttavia, in questo
mare ondoso, un pizzico di creatività potrebbe aprirci qualche scenario
alternativo, o no?
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