domenica 7 agosto 2011

La lettera



 Ciao,
oggi ho immaginato che eravamo sedute  al tavolino di un caffè e mi passavi una birra. “Dio, come sei diventata noiosa” mi hai detto e poi sei scoppiata a ridere, prendendomi in giro.
Avevi gli occhi grandi, espressivi, specchio dell’anima diafana che respira nei tuoi gesti, e risplende della vita che ti attraversa con potenza. Sorseggiavi calma, perfettamente a tuo agio, come se mi conoscessi da sempre. Poi hai appoggiato la bottiglia sul tavolo e mi hai fissato, quasi a chiedermi ma insomma questa che vuole? No, non me l’hai domandato, ma scommetto che l’hai pensato. È tipico di te borbottare qualcosa chiusa nelle stanze del cuore dove ti muovi, respiri, vivi. In una parola: esisti. Come faccio a saperlo? Guardati, è come essere allo specchio, come sfogliare un album di foto sbiadite, portando indietro il tempo.
Già il tempo, è da lì che ho creduto potessi saltare fuori all’improvviso. Dalle pieghe antiche di una figurina in bianco e nero, sei venuta a dirmi che ami i tuoi anni, che vorresti avere sedici anni per sempre. Mi mostravi persino il tatuaggio con cui ti sei illusa di fermare le ore. Ho sorriso ed ho provato a spiegarti che il tempo è inarrestabile, che avresti dimenticato il tatuaggio, gli amici e tutto il resto. Tu, ovviamente, non mi hai creduto. Sei scoppiata in lacrime, pregando di non essere davvero me.

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